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I barboni brasiliani differenziano April 3, 2008

Posted by Ipernova in : Del + e del - , trackback
Monnezza spazzatura

In Brasile la gente differenzia molto poco la propria spazzatura.

L’energia elettrica costa molto poco (e’ quasi tutta idroelettrica), e la gente crede spesso che dimostrare il proprio benessere sia sinonimo di spreco. Se aggiungiamo che la quota di nuovi ricchi del paese e’ elevata, otteniamo che il paese spreca e non differenzia i propri rifiuti.

Come fa quindi ad essere il paese che piu’ ricicla l’alluminio? Se in Brasile si beve una Coca-Cola, dopo 32 giorni la lattina si ripresentera’ davanti, chiusa e piena.

Il segreto sono i poveracci.

Certa gente qui in Brasile ha talmente poco, che vive nelle discariche e raccoglie i rifiuti riciclabili per poi venderli.

Addirittura per le strade di San Paolo, capita di vedere dei camion senza targa, con della gente che va a rovistare fra i sacchi dell’immondizia e “ruba” cio’ che e’ riciclabile.

Ripeto, i barboni si sono organizzati a tal punto da avere un camion del riciclo.

Riformulo, il comune non ce l’ha il camion, e non prevede la raccolta differenziata, ma i barboni la fanno di tasca loro.

In Brasile cascano sempre i piedi, come i gatti.

 

Questo paese non smette di sorprendermi.

Paz

Comments»

1. Viktor - April 3, 2008

Qual’è la nuova malattia che impazza in Brasile?

2. Riz - April 4, 2008

sono sconcertato, trovo che questo sia uno dei pochi aspetti negativi del riciclaggio; sfruttare la povertà delle persone per avere un servizio a basso costo. Magari i benestanti quando gettano via qualche lattina di cocacola in più si sentiranno pure dei benefattori! comunque da segnalare che in Africa arrivano rifiuti informatici europei dai quali la gente del luogo recupera materiali tipo rame oro… insomma; è tutto un magna magna.

ma la lattina di cui parlavi, almeno la puliscono prima di riempirla!?

3. Dottordivago - April 4, 2008

Caro Paz, come tu sai io, in quanto nordestinho, non conosco San Paolo ma posso confermare che anche in Alagoas dove, rispetto alla metropoli, sono indietro come le balle del cane, funziona alla stessa maniera.
Idem per Rio, più raro nell’europeo sud.
Al mio paese, Macejo, una delle mie tappe fisse -almeno una volta per vacanza- è una serie di baracche sul lungomare che servono tapioca in mille varianti.
Per i profani dirò che la tapioca è una farina ricavata dall’amido della manioca, una specie di patata con cui ci fanno una farina che, se non stai attento, te la mettono pure sotto le ascelle al posto del borotalco. La tapioca, spolverata su una piastra rovente fonde e diventa una piadina, non particolarmente saporita, ma che è possibile farcire con diecimila schifezze.
Tornando al lungomare di Macejo, mentre sei seduto che mangi, ti ronzano attorno decine di bambini, in uno stato veramente pietoso ma discreti; se sul tavolo hai una lattina ti curano come un moribondo finchè non l’hai svuotata, dopo di che si avvicinano, alcuni con grazia insospettabile, e te la chiedono.
Quando voglio vedere la faccia della sorpresa a braccetto con la felicità, faccio il burbero e scaccio i primi che arrivano; approfitto del fatto che mi ignorano, sicuramente dopo aver pensato di tutto sulla mia famiglia, e ne faccio portare tre o quattro di Coca Cola.
A quel punto, con fare altezzoso chiamo quello che mi sembra più simpatico e gli faccio cenno che se le può prendere: quando scopre che sono piene -credetemi- la faccia vale il costo del biglietto aereo.
Dottordivago